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Legambiente: ''La sofferenza degli operatori di montagna e delle famiglie è reale ma il comparto deve affrontare una crisi che parte da lontano''

L'ultima stagione dello sci è andata completamente in bianco a causa dell'emergenza Covid, ma l'associazione ambientalista ha pubblicato il dossier "Neve diversa 2021" che analizza il turismo invernale nell’epoca della transizione ecologica tra conflitti, discordanze e preoccupazioni, ma anche buone pratiche e nuove speranze. Un dossier che comprende anche le interviste a Umberto Martini (professore all'Università di Trento) e Lorenzo Delladio (titolare de La Sportiva)

Di Luca Andreazza - 31 marzo 2021 - 20:41

TRENTO. "Le previsioni di sciabilità nei comprensori alpini descrivono una situa­zione piuttosto preoccupante su tutto l’arco alpino, con comprensori dove ne­gli scenari peggiori la pratica dello sci risulterebbe in estinzione a fine secolo". Questo il commento di Legambiente. "Emblematico il dato di sintesi Eurac che stigmatizza come con un aumento di temperatura di oltre 4 gradi la percen­tuale degli impianti accessibili si riduce al 12%".

 

L'ultima stagione dello sci è andata completamente in bianco a causa dell'emergenza Covid, ma l'associazione ambientalista ha pubblicato il dossier "Neve diversa 2021" che analizza il turismo invernale nell’epoca della transizione ecologica tra conflitti, discordanze e preoccupazioni, ma anche buone pratiche e nuove speranze. Un dossier che comprende anche le interviste a Umberto Martini (professore all'Università di Trento) e Lorenzo Delladio (titolare de La Sportiva).

 

Il cambiamento climatico, innalzamento termico e riduzione della neve sono i concetti chiave nel nuovo dossier. "La sofferenza degli operatori del comparto e delle loro famiglie è reale e tangibile e ha tutta la nostra comprensione. Merita risposte concrete e immediate anche attraverso un’informazione sulle norme relative alle chiusure e aperture degli impianti, nei modi e nei tempi, più rispettosa dei lavoratori".

 

Ma due anni fa, un pool di ricercatori ha analizzato le prospettive climatiche degli impianti sciistici che fino ad oggi hanno ospitato una o più edizioni delle Olimpiadi invernali. In uno scenario ottimistico soltanto 13 dei 21 impianti osservati sarebbero in grado di ripetere l’esperienza nel 2050, mentre gli altri 8 dovrebbero chiudere per mancanza di neve. Nell’ipotesi peggiore, proseguono i ricercatori, gli impianti disponibili entro la metà del secolo si ridurrebbero a 10 per scendere a 8 nel 2080.

 

Una montagna, però, che dovrebbe affrontare un profondo ripensamento dell'offerta turistica. "Alla sempre più pressante crisi climatica si sommano gli effetti della stagnazione di un mercato maturo, con presenze in lieve, ma costante riduzione, sintomatiche di una crisi destinata a diventare irreversibile. Il 2021 è iniziato con un periodo molto freddo e nevicate abbondanti, tanto da far credere ai più sprovveduti che la crisi climatica si fosse esaurita. In effetti, tempo meteorologico e clima non devono essere confusi. I grandi contrasti di condizioni con episodi freddi, anche marcati ma circoscritti, forti sbalzi di temperatura e un regime di precipitazioni nevose irregolari, non hanno modificato la media delle temperature che si attesta all’incirca a un grado in più rispetto alla media degli anni passati".

 

L'epidemia coronavirus ha assestato un colpo durissimo al settore, praticamente azzerato. Nonostante l'ottima partenza tra gennaio e febbraio, il lockdown primaverile ha fermato i caroselli. Tolto una timida ripresa estiva, i flussi sono rimasti sostanzialmente bloccati a causa delle restrizioni e l'ultimo inverno non è mai cominciato. Per il Trentino questo è significato per il 2020 un arretramento della movimentazione di circa 30 anni (Qui articolo). 

 

"In Italia - si legge nel dossier di Legambiente - si stima che allo sci da discesa siano legati 400 mila posti di lavoro, tra quelli diretti e quelli dell’indotto e il fatturato è tra i 10 e 12 miliardi di euro. Cifre che danno l’idea della grave perdita economica e sociale subita nella stagione invernale 20/21, a causa della pandemia e della chiusura degli impianti".

 

 

Ma il settore appare in crisi da qualche tempo. Lo sci alpino resta comunque l'azionista di maggioranza del comparto, ma questa emergenza potrebbe aver accelerato un cambio di passo delle altre discipline, comunque in ascesa. La stima, sempre dati Skipass panorama turismo - Jfc, è quello di un calo per sci e snowboard, rispettivamente del -8,7% e del -11,1%, a fronte di incrementi per altri settori, quali sci di fondo (+2,2%) e scialpinismo (+9,2%). 

 

"Ma va detto che la crisi non è di quest’anno. I costi legati alla necessità dell’innevamento programmato sono in crescita - prosegue l'associazione ambientalista - si stima una spesa annua di 100 milioni di euro, per imbiancare tutte le piste italiane. Già nel 2012, in base allo studio realizzato da Carlo Cottarelli, commissario alla spending review, delle 60 società partecipate che gestivano all’epoca gli impianti di risalita, la maggioranza era in perdita, per un buco totale di 16 milioni di euro".

 

I dati, confermano ancora una volta le previsioni degli esperti i quali prefigurano radicali trasformazioni per le montagne nei prossimi anni, con una probabile rapida accelerazione a fine secolo. "Il Next Generation Eu - evidenzia Legambiente - può rappresentare l’occasione giusta per attrezzare il Paese al cambiamento e affermare così un nuovo profilo anche nel mondo del turismo. Ma non con un’operazione di cosmesi sostenibile sull’esistente, piuttosto ridisegnando una strategia adeguata alle nuove domande di turismo e agli effetti sempre più pesanti dei cambiamenti climatici. Anche in montagna circoleranno molte risorse e con il Recovery Fund e il Superbonus 110% si apriranno rilevanti possibilità economiche per il mondo dell’imprenditoria. Non escludiamo il rischio che parte di questo fiume di denaro possa essere indirizzato verso pesanti speculazioni in direzione opposta all’auspicata conversione ecologica".

 

Si dovrebbe costruire una proposta innovativa in grado di integrare la stagione invernale con pratiche soft che permettano di fruire del territorio anche se non c'è neve, un'altra direttrice è quella di saper valorizzare le stagioni estive, autunnali e primaverili. "Il cambiamento climatico - aggiunge Legambiente - minaccia i nostri impianti. Imprescindibile ripensare l’offerta: puntare sul turismo dolce invernale e la diversificazione degli investimenti. La linea di affidabilità della neve, cioè l’altitudine che garantisce spessore e durata sufficienti dell’innevamento stagionale, sta risalendo con un ritmo vertiginoso".

 

I sistemi di montagna dovrebbero, quindi, saper pianificare gli investimenti e monitorare attentamente il flusso di denaro. "L’attuale industria dello sci, per realizzare i suoi piani industriali richiede sempre più ingenti finanziamenti che rischiano di ingessare se non di soffocare l’impresa alpina locale. La scelta dei grandi investimenti ha cancellato la flessibilità e le peculiarità dell’impresa locale del passato, imbrigliandone le potenzialità e costringendola ad una continua lotta nel reperimento di nuovi fondi. La trasformazione dell’impresa familiare in grandi strutture ha cancel­lato le tradizionali caratteristiche che la contraddistinguevano e, in passato, la rendevano vincente. Soprattutto ha au­mentato il rischio che nelle successioni molte di queste vengano trasformate in società di capitale destinate a finire in mano a multinazionali. Senza nulle togliere alle grandi azien­de di punta che nella categoria più alta sono necessarie poiché offrono alta qualità e buoni posti di lavoro, occorre prestare più attenzione alle azien­de tipiche locali a gestione familiare ed è evidente che occorre una correzione globale del settore e dirottare gli investimenti sul turismo dolce".

 

Secondo Legambiente, dovranno essere sospese tutte le decisioni che potrebbero comportare modificazioni irreversibili degli ambienti naturali o un ulteriore irrigidimento delle potenzialità di uso delle infrastrutture. "Saranno da riconsiderare le risposte di adattamento concentrate quasi esclusivamente sull’innevamento artificiale, poiché è dimostrato che sono efficaci solo nel breve termine. Più in generale sarà da riconsiderare l’aiuto dell’intervento pubblico considerato che l’impresa privata dovrebbe ricevere un sostegno da parte dello Stato unicamente a condizione che tale sostegno sia finalizzato a una futura ripresa economica del soggetto beneficiario”, conclude l'associazione.

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